lunedì 21 maggio 2007

Cattività avignonese

La Cattività avignonese (1309 - 1377) rappresenta un periodo magnifico della storia della Chiesa. In questo, ahi noi, troppo breve lasso di tempo, la sede papale si spostò saggiamente da Roma ad Avignone.
Questo "spostamento", ricordano le cronache, fu dovuto ai contrasti che si ebbero tra Papa Bonifacio VIII e l'allora Re di Francia Filippo il Bello insieme a tutti i cardinali. La maggior parte di quest'ultimi, infatti, veniva dalla Francia ed il Papa, in altre parole, era come circondato. Il dissidio fra il Papa ed il re francese nacque quando Filippo pretese giustamente dal clero il pagamento delle tasse al regno come chiunque altro. Papa Bonifacio si oppose fermamente.
Dopo un lungo periodo di diverbi animati anche da parole grosse, il Papa Bonifacio VIII cedette e consentì temporaneamente al clero francese di pagare le tasse. Filippo, mai domo, volle imporre pure la sua giurisdizione sui vescovi francesi, Bonifacio, caparbio, non glielo consentì e i contrasti ricominciarono di gran lena. Il culmine dello scontro si ebbe quando Filippo fece giudicare Bonifacio eretico e simoniaco da un concilio di giuristi.
La perseveranza del Filippo fu tale da inviare una forza armata a Roma ad arrestare il Papa che si trovava ad Anagni ma, ahi noi, un'insurrezione popolare immotivata fermò i francesi. Tuttavia questi accadimenti non furono sufficienti a fermare il grande e sagace Sciarra Colonna, un nobile romano nemico del pontefice, dallo schiaffeggiare quest'ultimo.

Bonifacio non morì dagli schiaffi del Colonna ma morì comunque pochi giorni dopo, per sua libera scelta.
Il conclave, riunitosi lestamente, elesse Nicolò Bocassino, domenicano di Treviso, bevitore, che assunse il nome di Benedetto XI. Il Bocassino tentò dì risanare i conflitti tra le parti ma i suoi risultati furono decisamente miseri. Dopo soli 11 mesi di pontificato, anch'egli per sua libera scelta, morì. Qualche malpensane insinuò che si trattasse di un avvelenamento, le cronache dell'epoca riportano invece, solo una vigorosa abbuffata di fichi per i quali il Bocassino era golosissimo.
Di nuovo riunitosi lestamente, il geniale conclave elesse un papa francese, probabilmente per il timore di altre azioni militari di Filippo ormai fuori di senno. Il nuovo papa, Bertand de Got, prese il nome di Clemente V e con mossa scaltra e imprevista spostò la sede papale da Roma ad Avignone estasiando il Colonna gran sostenitore da sempre dell'esodo papale.

Un immagina suggestiva dell'eroico e arcigno Papa Clemente V


Era il 1309: dopo più di mille anni Roma perdeva finalmente il suo ruolo di capitale del cristianesimo.
Peccato, Roma ce l'aveva quasi fatta, ma la Santa Sede vi rimase poco ad Avignone. Nel 1377 la sede del Papato fu nuovamente spostata a Roma, per opera di Gregorio XI, uno scapestrato perdigiorno che sollecitato dall'avenente e prosperosa santa Caterina da Siena e dal nuovo re di Francia, che aveva cominciato la guerra dei cent' anni e quindi cercava quantomeno di preservare più territorio possibile.

La redazione di Papaltrove

sabato 19 maggio 2007

Padre Georg, sex symbol consapevole

Il segretario del Papa in un’intervista parla della sua giovinezza e delle donne. E le sue ammiratrici aumentano

Come molti agnostici pure un po’ anticlericali, ho un religioso rispetto per chi crede, e per chi si consacra al Signore. E’ un handicap di partenza che mi nega una gioia condivisa dalla maggioranza delle mie amiche: la peccaminosa ammirazione per monsignor Georg Gänswein, segretario del Papa.
In parte è un pregiudizio storico-fisiognomico: quando vedo il bellissimo tedesco con l’aria più da tenente colonnello che da prete mi viene subito l’ansia di venire smistata su un vagone per Treblinka.
Ma sono paranoie. Resta il tabù: vietato desiderare un uomo di Dio, meglio Cannavaro, vedi altra rubrica...
Però leggendo Novella 2000 ho scoperto che padre Georg e il Vaticano sono più avanti di me, a manetta. Nell’ultimo numero, tra Bettarini, Ilaria D’Amico e Linda Batista che non so chi è, c’è un servizio sul monsignore. E il resoconto di una sua intervista a Radio Vaticana, ed è più sciolto di Bettarini.
Le donne? «I miei sensi sono sani e chi ha sensi sani li usa… Nella mia giovinezza ci sono state ragazze che preferivo». E via così.
Padre Georg dice poi di essersi abituato al ruolo di sex symbol. Altro che abituato. Le georgiste sentite sul tema si sentono lietamente provocate; la notizia che mons. Gänswein usa i suoi sensi sta suscitando fantasie al cui confronto Uccelli di rovo era una lettura parrocchiale. Ma seriamente: a questo miravano il mons. e la radio papale? Non è che — noi agnostici anticlericali rispettosi non osiamo pensarlo — si stia valorizzando il prelato bellone per rilanciare un papato penalizzato dal carisma del pontefice precedente? Benedetto XVI non sarà seccato? Speriamo di sì, una gerarchia vaticana che punta sul sex appeal è imbarazzante come Prodi quando fa i battutoni. Ps — L’intervista a padre Georg era per i suoi cinquant’anni. Complimenti. Forse cambio idea.
Maria Laura Rodotà
Corriere dela Sera 19 agosto 2006

giovedì 17 maggio 2007

Scambiato da migliaia di utenti nel mondo il documentario che svelerebbe come Ratzinger tutelò alcuni sacerdoti responsabili di abusi
L'inchiesta Bbc sui preti pedofili diventa un caso su internet
da Repubblica 17 maggio 2007

ROMA - Un'onda di indignazione attraversa la rete e acquista ogni giorno portata maggiore. E' bastato poco, che in realtà "poco" non è. La messa in Rete di un documentario della Bbc, titolo Sex Crimes and the Vatican, andato in onda in Gran Bretagna nel 2006, nel quale si svelano i risvolti inquietanti di una vicenda che coinvolse decine di sacerdoti, responsabili di reati di pedofilia, come quelli della diocesi di Ferns, contea di Wexford, Irlanda. E di come i reati, e i loro autori, vennero tutelati dalle autorità ecclesiastice.

Soprattutto, si parla del Crimen Sollicitationis, il documento segreto emesso dal Santo ufficio del vaticano (oggi Congregazione per la dottrina della fede) nel 1962, che fornisce istruzioni ai vescovi su come trattare i casi di sacerdoti accusati di usare la segretezza del confessionale per fare avances sessuali ai penitenti. Ma soprattutto di come porsi di fronte a crimini peggiori, come il coinvolgimento di un prete in rapporti sessuali con un animale, un bambino o un uomo.

Ebbene, il garante dell'applicazione di quelle direttive fu Benedetto XVI, all'epoca dei fatti ancora cardinale Joseph Ratzinger. Fu lui il responsabile della direttiva con la quale lo scandalo venne messo a tacere e i preti furono protetti e nascosti alle autorità.

Il video è crudo e esplicito, riporta le testimonianze di chi, all'epoca bambino, fu vittima degli abusi. Che viaggiasse su internet era prevedibile così com'era inevitabile che alimentasse la discussione. Utenti premurosi si sono presi la briga di tradurre e sottotitolare la versione integrale del documentario anche nella nostra lingua. Così, la Ferns Inquiry, il Rapporto Ferns, ovvero l'inchiesta governativa ufficiale irlandese del 2005 che riguardava le denunce di abusi avvenuti nella diocesi irlandese, ma anche gli altri continuti del documentario, si sono trasformati in uno dei documenti attualmente più diffusi e scambiati sul Web.

Il dibattito si infiamma su siti e blog italiani, fra riflessioni pacate, giudizi netti e, com'è legittimo, dubbi e contestazioni.

lunedì 14 maggio 2007

La gelata
di Furio Colombo
da “l’Unità” del 13 maggio 2007

Mi è accaduto uno strano evento di cui intendo rendere conto ai lettori di questo giornale. Una sera (era l’8 maggio) ho potuto finalmente vedere il dvd «Che cosa è la politica» di e con (si direbbe nel mondo del cinema) Walter Veltroni. Ecco quello che accade in «Che cosa è la politica».
Veltroni si presenta da solo su un palco, enuncia il meno popolare, il meno demagogico degli argomenti su cui intrattenere una folla (eppure, testimonia il video, c’era una vera folla) e si appresta da solo a far fronte al punto cruciale del nostro futuro: ci sarà ancora politica in un mondo dove le regole dell’economia vengono enunciate come i Dieci Comandamenti (ma poi cambiano all’improvviso, spostate dai venti impetuosi del tornaconto); dove le regole sociali devono improvvisamente sottostare a «esigenze di modernità» in cui chi lavora è nessuno, e la parola «impresa» splende come il solo capolavoro dell’uomo («impresa», non ospedale, non scuola); dove il confine estremo fra la pace e la guerra viene capricciosamente spostato, con conseguenze enormi e devastanti, come in un passato che credevamo finito?
Veltroni sa che il compito è duro e che qualcuno lo deve fare. Diciamo che lo fa con un impegno testardo ma freddo. Intendo dire che non occupa mai la scena per dire «sono io la politica».
Usa un sottotono da insegnante che apre spazi ma non li chiude intorno a chi si lascia persuadere ad entrare. Vuole che parlino altre voci.
Lo fa con inserti filmati a cui tocca di provocare tensione, emozione e – se vorrete – adesione.
Incontrate Charlie Chaplin, febbrile e visionario, il sogno indimenticabile di Martin Luther King, l’ostinazione a resistere al fascismo di Vittorio Foa, il giovanissimo Giovanni Bachelet che parla del padre appena assassinato, Benigno Zaccagnini che con Zavoli ricorda Aldo Moro, Enrico Berlinguer mentre muore, in quel suo ultimo discorso a Padova, che riesce disperatamente a finire, Barak Obama nel primo splendido discorso da senatore degli Stati Uniti, Alcide De Gasperi, solo sulla scena del Trattato di Pace contro l’Italia, John Kennedy che chiama a raccolta il suo Paese nel giorno del suo giuramento, la voce di Bob Kennedy scandita come un gospel instancabile mentre le immagini del film «Bobby» ci mostrano il suo corpo esanime.
Dicono, con furore e passione, e col prezzo che hanno pagato: la politica è questa. Oppure è un mestiere.

* * *

Ed ecco lo strano evento. A volte la fine di un dvd fa entrare di colpo la vera Tv sullo schermo. È ciò che è accaduto a me la sera dell’8 maggio. Improvvisamente sullo schermo c’erano Bruno Vespa, Giulio Tremonti, Rocco Buttiglione, Rosy Bindi, Enrico Boselli intenti a parlare dei «Dico», ovvero di un minimo di modesti diritti da concedere alle coppie di fatto.
Invano Bindi e Boselli difendevano quel poco. Forse non avevano capito (ed è il rovescio del sogno della politica) che meno chiedi e meno ti danno. Il brusco irrompere della realtà nel riquadro della televisione italiana ti dice che tu non decidi, obbedisci.

Il Governo vaticano ha una sua politica, che si sovrappone, senza neppure aprire il dibattito, sulle decisioni timide e rispettose del Governo italiano. Tutto avviene con un certo sprezzo che dice ai cittadini «Giù le mani dalla politica. A queste cose pensa un magistero più alto». Le vite delle famiglie sono affari del governo vaticano e di chi si adatta a stare al gioco. Tanto che nelle fila di tutti gli schieramenti (fanno eccezione i radicali e un pugno di laici) ogni posizione si lima, si attenua, si aggiusta, si cambia, per non farsi sorprendere a dire no al governo del Papa.
Lo chiamano dialogo ma vuol dire obbedienza. Ti dicono che è una questione irrinunciabile di insegnamento cristiano.
Su questo persino «Porta a Porta», col suo volto terreo di realtà difficile da accettare, dopo la camminata nel sogno, ti viene in aiuto. Presentano una scheda in cui si mette bene in chiaro, a scanso di equivoci teologici, che la proposta di legge sui Dico non prevede (non prevede) che ci sia la reversibilità della pensione fra compagni di vita, in caso di morte. Vuol dire: se muore uno (una), l’altro resti pure sul lastrico.
Ben gli sta, perché, prima, non era passato in chiesa. Da incompetente di teologia non saprei dire quale passo del Vangelo vieti la reversibilità della pensione. Da competente (in piccolo e marginalmente) della vita politica, mi rendo conto che lo scherzo se lo sono giocato proprio persone di buona volontà come i ministri Bindi e Pollastrini quando si sono persuase (o si sono lasciate persuadere) che era meglio chiedere poco.

Eppure, si è visto, niente scatena di più l’ira del governo vaticano. Vede quel poco, prende atto della sua forza e la usa. Non soltanto ha costretto al «sempre meno» gli autori della legge «Dico» e il rispettoso governo locale, ma ha umiliato, in particolare, la cattolica Bindi forzandola a dichiarare di non volere «omosessuali» alla sua «Conferenza sulla famiglia».

* * *

Precauzione inutile quella di Rosy Bindi. Senza un saldo schieramento sui valori della famiglia, in cui le donne vengono finalmente rimesse al loro posto di partorienti, con la partecipazione straordinaria di ex femministe che giurano di avere finalmente trovato in ginecologia la vera vocazione della donna e dunque il vero femminismo, senza la partecipazione aperta, organizzata, pagata e ritrasmessa da tutte le reti tv disponibili e da tutti i Tg e da tutti i talk show, con la benevola approvazione di quasi tutto il governo e di quasi tutti i partiti - che si riorganizzano come consolati e ambasciate della Santa Sede - non sei nessuno.

Sono più fortunati, dalla parte di chi tenta di stare discosto almeno di un passo dalla marcia vaticana, coloro che non sono - o non dicono ogni quarto d’ora di essere - credenti. Rischiano - come i colleghi islamici che non partecipano a guerre sante - le fiamme dell’Inferno.

Ma almeno non possono essere scomunicati per avere esercitato normali, civili, democratiche funzioni di governo. Perché a questo siamo giunti. In un gelido viaggio del Papa in Brasile, il Capo della Chiesa cattolica ha parlato amabilmente con i giornalisti di scomunica dei politici che si permettono di fare leggi non vaticane. Sono seguite tenui precisazioni per dire: ma no, non c’è bisogno della scomunica.

I disobbedienti se ne andranno da soli. O si consegneranno alla folla vaticana precettata in piazza contro i gay, contro coloro che vogliono decidere come esistere senza il prete, contro chi ama perché è innamorato, contro chi sta insieme perché in quell’insieme ha trovato vita e conforto, contro chi ha voluto bambini e li ha amati e cresciuti senza le carte del Municipio o della parrocchia, dunque con nessuna protezione e molto rischio.

Chissà quanti, fra i bravi e volonterosi boy scout che hanno lavorato a far funzionare la cosiddetta «Giornata per» si sono resi conto di avere vissuto una «giornata contro», forse la prima della vita cattolica italiana da quando Chiesa e fascismo hanno separato i percorsi.
A centinaia di migliaia (milioni, ci diranno) hanno sfilato perché non sia mai possibile vivere insieme senza il permesso del Papa. Come si vede, il salto dal sogno di Veltroni, John Kennedy, Martin Luther King, Nelson Mandela, Bob Kennedy alla realtà italiana è stato brusco e disorientante.

Lo shock viene soprattutto dallo sbalzo di temperatura. In «Che cos’è la politica» il mondo è caldo di presenze disinteressate, testimonianze coraggiose, dal filo ininterrotto della comunicazione partecipe, della chiamata di tutti perché o tutti noi siamo la politica o la politica non c’è.

Nell’inquadratura - attendibile, realistica - di «Porta a Porta» che ha fatto irruzione alla fine dello straordinario dvd dell’Auditorium della Musica, la temperatura era gelida e indifferente, animata dalle mitragliate di ghiaccio di Tremonti, dagli indovinelli teologici tipo «Turandot» di Rocco Buttiglione, uno di quei Budda che possono assistere compiaciuti (compiaciuti di se stessi) e indifferenti ai destini degli altri.


Eppure non c’era niente di folle in quello strano spettacolo intitolato «Che cosa è la politica». Ricordate il milione di cittadini, gente che veniva da sola, spontaneamente, in Piazza San Giovanni, senza scomuniche, senza autobus della parrocchia, senza sconto sui treni?
Ricordate «i tre milioni di padri e di figli» (così aveva intitolato l’Unità di allora) venuti al Circo Massimo di Roma per difendere il lavoro? Ricordate la folla di quest’ultimo Primo Maggio in quella stessa piazza a celebrare la festa del lavoro giovane?